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Introduzione al pensiero buddhista

 

 

Il Buddhismo è la cultura di assimilare ed imparare lo spirito, gli insegnamenti, i valori e soprattutto il cuore del Buddha. Lo spirito buddhista dá enfasi alla mente, mentre sottolinea l’importanza sia della parola sia dell'azione. I discepoli e seguaci del Buddha considerano loro stessi come persone che stanno imparando lo spirito e il modo di comportarsi, propri del Buddha Śākyamuni. Per dirla più semplicemente e direttamente, essere buddhista significa "astenersi da tutto ciò che può far male a se stessi o agli altri e, diligentemente, compiere buone azioni, stabilire buone radici e purificare la mente”.

 

Seguendo alcune semplici linee guida del galateo buddhista, ci si assicura di:

 

1) non offendere o disturbare il prossimo, sia volontariamente sia accidentalmente;

2) mostrare rispetto,

3) evitare qualsiasi imbarazzo.
 

Questi comportamenti permettono di godere appieno la nostra esperienza mentre approfondiamo la fede e la pratica, nonché di sviluppare e crescere come esseri umani.

 

Una breve introduzione al pensiero buddhista

 

Il tempio è un luogo sacro. Si visita un tempio buddhista con una mente corretta e pia. Ci si comporta con calma e rispetto. Cerchiamo ora, insieme, di mettere in pratica il galateo con lo scopo di perfezionare noi stessi, ma anche di promuove una società più armoniosa.

 

Il tempio e il monastero sono luoghi in cui ci si impegna nella pratica spirituale e religiosa, dove si incontra il Buddha, Nichiren Shōnin e tutti gli altri Bodhisattva. Al loro interno vivono i monaci, perciò sono luoghi dove si coltivano gli insegnamenti e lo spirito del Buddha e di Nichiren Shōnin. Nell’ambito della propria fede, pratica e comportamento quotidiano, andare al tempio significa accumulare grandi meriti e virtù e, di conseguenza, buona fortuna in vista di una vita più tranquilla e armoniosa.

 

Siddhārtha Gautama, che divenne il Buddha, capì che ricchezza e lussuria non portano davvero alla felicità, quindi lasciò la sua vita mondana, la sua regalità e tutte le sue ricchezze per ricercare e seguire una vita religiosa e spirituale, per trovare risposte e soluzioni concrete a ciò che procura sofferenze nel mondo, in particolare le quattro grandi sofferenze: “nascita, malattia, invecchiamento e morte”.

 

Egli apprese una varietà di pratiche filosofiche grazie agli insegnamenti di maestri di altissimo livello. Siddhārtha Gautama fu un abilissimo studente, e in tutte le varie pratiche superò il livello di ogni maestro sotto il quale studiava. Osservò e divenne a sua volta maestro di pratiche difficilissime. Quando decise di lasciare questi grandi maestri si unì ad altri mendicanti e praticò insieme a loro per 6 anni, osservando modalità estreme nel cercare di superare qualsiasi tipo di sofferenza e dolore.

 

Mantenendo i voti che aveva preso con gli altri asceti, Siddhārtha mangiava così poco che divenne emaciato e molto debole. Un giorno per caso, sentì un vecchio musicista che, istruendo un suo allievo, disse: “Se si tira troppo la corda, essa si spezzerà. Ma, se si lascia troppo sciolta, non suonerà.”

 

In seguito una fanciulla chiamata Sujātā, vide Siddhārtha nel suo stato di debolezza e fragilità, ed avendo pietà per lui, offrì del porridge di riso morbido cotto nel latte, e lo incoraggiò a mangiarlo tutto per riprendere le forze.

 

La Via di Mezzo

 

In quel momento, Siddhārtha capì che dalla pratica di qualsiasi cosa, per giunta portata al suo estremo, non si giunge al successo o al beneficio reale. Si rese conto che le pratiche che aveva osservato in quei 6 anni di auto-indulgenza erano in realtà, materialismo assoluto, mentre quelle dell’auto-mortificazione e sacrificio estremo erano invece ultra-spiritualismo. Siddhārtha decise, quindi, che il modo migliore sarebbe stato quello di prendere una posizione equilibrata e centrale fra questi due estremi. Diede importanza in modo uniforme ad entrambe le pratiche, sia la mente sia la materia. Fece questo in quanto, quando questi due elementi lavorano insieme in modo interdipendente, diventano molto potenti. Chiamò questo percorso di equilibrio la "Via di Mezzo" (Chūdō in giapponese).

 

In altre parole, la Via di Mezzo significa che un praticante dovrebbe imparare a perseguire il Dharma e praticare il buddhismo in modo equilibrato, con

 

1) fiducia,

2) impegno e sforzo,

3) consapevolezza,

4) concentrazione,

5) saggezza.

 

La fiducia deve essere sempre equilibrata con la saggezza, altrimenti potrebbe dar luogo ad una fede cieca, in cui la gente crede a tutto ciò che viene insegnato e detto loro. D'altronde, se la fiducia è mancante, si diventa troppo diffidenti, dubitando di tutto ciò che si sente e rifiutando di credere a qualsiasi cosa. Lo sforzo e l’impegno devono essere in proporzione con la concentrazione. Se lo sforzo sarà maggiore della concentrazione, darà luogo ad una personalità nervosa, mentre una mancanza di concentrazione porterà pigrizia e di conseguenza ad una mancanza di energia. L'unica cosa che funziona da sola e non ha bisogno di essere tenuta in equilibrio con altre qualità, è la consapevolezza. Non si può mai avere troppa consapevolezza.

 

L'espressione di Via di Mezzo (chiamato Madhyamā-mārga oppure Madhyamā-pratipad in sanscrito) è stata utilizzata dal Buddha nel suo primo discorso e nel Dhammacakkappavattana Sutta, il primo insegnamento rivelato dal Buddha dopo il suo risveglio.

 

Il Grande filosofo indiano e Maestro del Dharma, Nāgārjuna (150-c.250 dell'epoca moderna), ha citato alcuni testi del Kaccāyanagotta Sutta che hanno portato allo sviluppo della dottrina di Śūnyatā, la vacuità, nota anche come: neutrale, in posizione verticale, centrato o potenzialità:

 

"Tutto esiste": Questo è un estremo.

"Tutto non esiste": Questo è un altro estremo.

Evitando questi due estremi, il Tathāgata insegna il Dharma attraverso la Via di Mezzo.

 

 

Le Quattro Nobili Verità

 

Dopo un periodo di profonda meditazione seguita dal suo risveglio alla realtà di tutta la vita, Siddharta divenne noto come il Buddha, "colui che si è risvegliato" o "colui che ha raggiunto l’illuminazione.”

 

Il Buddha Śākyamuni iniziò con i suoi primi discorsi ad insegnare alla gente le cause della sofferenza della nascita, della malattia, dell'invecchiamento e infine, della morte. Le persone che ascoltavano i suoi discorsi avevano già contemplato qualche volta queste cose, ma non potevano far altro che accettare e sopportare tutta la sofferenza che la vita aveva presentato loro. Non avevano risposte reali per essere davvero liberi dalla sofferenza legata alla vita di tutti i giorni, così, quando il Buddha parlò, lo ascoltarono con molta attenzione e interesse.

 

Egli iniziò il suo discorso definendo la vita come dura e difficile, poiché caratterizzata da tanta sofferenza. Tutti potevano capire questo punto molto bene poichè avevano vissuto così tutti i giorni.

 

Ma il Buddha non si fermò, continuò a spiegare le diverse forme di sofferenza, menzionando anche alcuni aspetti a cui le persone non avevano mai fatto riferimento. Alla fine, però, si resero conto che il Buddha aveva davvero visto la profondità di ciò che è la sofferenza. Egli disse che le cause di sofferenza e dolore erano dovute agli attaccamenti e altre afflizioni chiamate Bonnō, e che non si può elminare la sofferenza nella vita senza prima sradicare la loro causa. Ascoltando le parole del Buddha, la gente rispose "sì, questo lo possiamo capire, ma come si fa?"

 

Il Buddha cominciò a spiegare che abbiamo bisogno di vivere una vita coerente con uno stile sano ed equilibrato. Abbiamo bisogno di sforzarci per eliminare le cose negative, cattive e distruttive nella nostra vita e concentrarci di più sul lato positivo mentre facciamo del bene sia a noi stessi che a tutti coloro che ci circondano. Continuò ad offrire loro, uno per uno, e passo per passo, una mappa dettagliata su come si possa orientare la propria vita lontana da qualsiasi negatività, dolore o sofferenza per guidarla verso equilibrio, sicurezza e benessere. Ha chiamato questa linea di condotta Āryāstāngika-mārga, o il Nobile Ottuplice Sentiero.

 

Prima di procedere, diamo ancora un'occhiata ai punti fondamentali del discorso del Buddha nella sua osservazione e insegnamento della Catvāry Aryasatyāni, o Le Quattro Nobili Verità.

 

  • La nobile verità di dukkha (sofferenza);

  • La nobile verità dell’origine di dukkha (che deriva da tanha – la brama o, letteralmente, sete);

  • La nobile verità della cessazione di dukkha (il Nirvana);

  • La nobile verità del sentiero che porta al superamento di dukkha (l’Ottuplice Sentiero).

 

 

L’Ottuplice Sentiero

 

Il Buddha ha sottolineato che la qualità e il contenuto della nostra vita sono costituiti dalle varie azioni che intraprendiamo, chiamate Karma.

 

Queste azioni, che siano positive o negative, iniziano prima nella mente, ciò che è pensato o sentito, anche nel cuore, ciò emerge in forma di parole, modelli di linguaggio e modalità di intervento, seguiti poi da un'azione fisica. Pertanto, ci siamo resi conto che la creazione del nostro karma proviene da:

 

1) mente, intenzioni ed emozioni;

2) parole, linguaggio e modo di parlare;

3) azioni,

 

è necessario affrontare ogni area della vita e portarla in armonia con il resto. Solo così saremo in grado di giungere alla tranquillità, aprire gli occhi e cominciare a vedere veramente la vita per quello che è, e non per ciò che vorremmo che fosse. E, dopodiché potremo iniziare a prendere le decisioni e ad agire concretamente e correttamente per vivere in modo migliore. Il Buddha ha spiegato specificatamente la necessità di stabilire, coltivare e mantenere nella nostra vita e nella nostra pratica buddhista le seguenti regole:

 

1) Retta visione;

2) Retto pensiero e retta intenzione;

3) Retta parola;

4) Retta azione;

5) Retti mezzi di sussistenza;

6) Retto sforzo;

7) Retta consapevolezza;

8) Retta meditazione.

 

Dobbiamo sottolineare qui che “retta” oppure “corretta”, non è un giudizio che deriva da un dogma o sistema di valori personali, ma tutto ciò che è coerente ed in armonia con la vita, in questo senso è “retto”. E allora, (ora) la domanda da fare è: come possiamo fare per imparare tutto questo e mettere in pratica le parole e gli insegnamenti del Buddha in modo di godere i frutti della sua istruzione? 

(Dal libro: "Il Galateo Buddhista")

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